Capitolo VI

illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840

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"A siffatta proposta, l'indegnazione del frate,
rattenuta a stento fin allora, traboccò. Tutti que' bei proponimenti di prudenza e di pazienza andarono in fumo: l'uomo vecchio si trovò d'accordo col nuovo; e, in que' casi, fra Cristoforo valeva veramente per due. - La vostra protezione! - esclamò, dando indietro due passi, mettendo la destra sull'anca, alzando la sinistra con l'indice teso verso don Rodrigo..."

CHI?

Agnese

illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840

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È la madre di Lucia, un'anziana vedova che vive con l'unica figlia in una casa posta in fondo al paese: di lei non c'è una descrizione fisica, ma è presentata come una donna avanti negli anni, molto attaccata a Lucia per quale "si sarebbe... buttata nel fuoco", così come è sinceramente affezionata a Renzo che considera quasi come un secondo figlio. Viene introdotta alla fine del cap. II, quando Renzo informa Lucia del fatto che le nozze sono andate a monte, e in seguito viene descritta come una donna alquanto energica, dalla pronta risposta salace e alquanto incline al pettegolezzo (in questo non molto diversa da Perpetua). Rispetto a Lucia dimostra più spirito d'iniziativa, poiché è lei a consigliare a Renzo di rivolgersi all'Azzecca-garbugli (III), poi propone lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa" (VI) e in seguito invita don Abbondio e Perpetua a rifugiarsi nel castello dell'innominato per sfuggire ai lanzichenecchi (XXIX). È piuttosto economa e alquanto attaccata al denaro, se non proprio avara, come si vede quando rimprovera Lucia di aver dato troppe noci a fra Galdino (III) e nella cura che dimostra nel custodire il denaro avuto in dono dall'innominato. A differenza dei due promessi sposi non si ammala di peste (ci viene detto nel cap. XXXVII) e, dopo il matrimonio, si trasferisce con Renzo e Lucia nel Bergamasco, dove vive con loro ancora vari anni. Del defunto marito e padre di Lucia non viene mai fatta parola e, curiosamente, il fatto che Agnese sia vedova viene menzionato solo nel cap. XXXVII, quando la donna torna al paese e trova la casa quasi intatta dopo il periodo della peste (il narratore osserva che "questa volta, trattandosi d’una povera vedova e d’una povera fanciulla, avevan fatto la guardia gli angioli").

DOVE?

Il palazzotto di don Rodrigo

illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840

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È la residenza di don Rodrigo, il signorotto che esercita il suo dominio sul paese dei due promessi, e sorge come una piccola fortezza squadrata su un'altura, a circa tre miglia dal paese e a quattro dal convento di Pescarenico: è descritto nel cap. V, quando padre Cristoforo si reca lì per parlare con il nobile nel vano tentativo di farlo recedere dai suoi propositi su Lucia, e si dice che ai piedi dell'altura c'è un minuscolo villaggio di contadini che dipendono da don Rodrigo e rappresenta "la piccola capitale del suo piccol regno". Il villaggio è abitato da sgherri e uomini armati, le cui donne hanno un aspetto maschio e vigoroso, mentre una piccola strada a tornanti conduce in alto al palazzo: questo appare al cappuccino come una casa silenziosa, quasi disabitata, con l'uscio sprangato e piccole finestre chiuse da imposte sconnesse e consunte dal tempo, protette da robuste inferriate e tanto alte, almeno quelle del pian terreno, da impedire di arrivarvi facilmente (il luogo è dunque un piccolo castello ben difeso e protetto). Sulla porta sono inchiodate le carcasse di due avvoltoi, uno dei quali "spennacchiato e mezzo roso dal tempo", mentre due bravi montano la guardia sdraiati su panche poste ai lati dell'uscio. L'interno dell'edificio non è mai descritto in modo dettagliato, salvo col dire che è la residenza signorile di un nobile e lasciando intendere che vi sono molte sale e salotti: ci viene mostrata direttamente la sala da pranzo, dove don Rodrigo è a tavola coi suoi convitati nel momento in cui riceve la visita di padre Cristoforo (cap. V), quindi un'altra sala appartata dove si svolge il successivo colloquio col cappuccino (VI) e della quale ci verrà detto più avanti che sulle pareti campeggiano i ritratti degli antenati del signorotto (VII).

Il palazzo viene citato ancora alla fine del cap. VIII, quando Renzo, Agnese e Lucia lasciano il paese sulla barca e osservano il paesaggio, su cui il palazzo del signorotto domina dall'alto con un aspetto truce e sinistro. Il luogo ritorna alla fine della vicenda (XXXVIII), quando don Rodrigo è ormai morto di peste e in paese è giunto il marchese suo erede, per prendere possesso dei suoi beni: il gentiluomo, personaggio moralmente retto e di vecchio stampo, decide di aiutare i due promessi e li riceve nell'edificio, dove Renzo e Lucia entrano accompagnati da don Abbondio, Agnese e dalla mercantessa (il nobile acquisterà a un prezzo assai alto le terre di Renzo e Agnese, dunque consentirà loro di trasferirsi nel Bergamasco senza problemi economici).

QUANDO?

9 novembre 1628, pomeriggio-sera

RIASSUNTO

Finalmente don Rodrigo riceve il frate in disparte. Padre Cristoforo accusa il signore di perseguitare Lucia e gli minaccia la vendetta di Dio con l’iconica frase “verrà un girono…”. Don Rodrigo, interrompendo la frase del frate in maniera brusca, lo scaccia e, prima di lasciare il palazzo, ha la promessa di un vecchio e buon servitore che sarà avvertito degli eventuali progetti infami del suo signore. Intanto, in casa di Lucia, Agnese espone ai due giovani un suo bizzarro e al tempo stesso astuto progetto: quello di strappare il matrimonio a don Abbondio, presentandosi con due testimoni e dichiarando l'intenzione di sposarsi. Sembra che secondo l'uso dell’epoca il matrimonio sarà ugualmente valido. Lucia non è molto convinta della cosa; Renzo, da parte sua entusiasta, esce in cerca dei due testimoni. Trova così Tonio, cui promette di pagare un suo debito nei confronti di don Abbondio, e suo fratello, Gervaso.

TEMI PRINCIPALI TRATTATI NEL CAPITOLO

Il "pezzo forte" dal capitolo è ovviamente il confronto fra padre Cristoforo e don Rodrigo, in cui il frate tenta dapprima di convincere il nobile con le armi della diplomazia e della prudenza, poi, dopo la sua indecente proposta di offrire "protezione" a Lucia, prorompe in una violenta invettiva contro il signorotto, piena di enfasi predicatoria: il frate predice la punizione divina contro la casa dell'aristocratico, paragonata in tono sprezzante a "quattro pietre", e cita l'episodio biblico del Faraone che venne colpito dalle dieci piaghe d'Egitto per la sua ostinazione contro gli Ebrei. In tutto il colloquio fra Cristoforo ha evocato l'elemento del giudizio ultraterreno (anche visivamente, col rosario e il teschietto di legno che porta alla cintola, rappresentante un ammonimento alla brevità della vita umana) e ciò inquieta profondamente don Rodrigo, che infatti reagirà con stizza all'ultima profezia del cappuccino ("Verrà un giorno..."). Questa scena, in particolare il frate che punta il suo indice accusatorio contro il nobile, verrà rievocata nel sogno di don Rodrigo ammalato di peste, nel cap. XXXIII.

Il "vecchio servitore" che rivela a padre Cristoforo di essere a conoscenza di certi disegni del suo padrone è lo stesso che lo aveva accolto al palazzo (cap. V) e aveva manifestato la sua sorpresa a vederlo in quella casa (qui dimostra di disapprovare la condotta di don Rodrigo e di volersi salvare l'anima). Sarà lui a rivelare al frate il piano per il rapimento di Lucia (cap. VIII), che peraltro andrà a monte per tutt'altro motivo.

Lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa" escogitato da Agnese corrisponde a una pratica assai diffusa nel XVII secolo e dovuta al fatto che spesso i due "promessi" dovevano superare l'ostacolo del divieto delle famiglie: il Concilio di Trento (1545-1563) aveva introdotto una clausola nel diritto canonico per cui il matrimonio era valido se i due fidanzati pronunciavano la loro volontà di fronte al parroco, mentre in seguito la Chiesa dichiarò nulle le nozze celebrate con questo espediente e minacciò pene severe a chi tentasse qualcosa di simile.

La tavola a casa di Tonio fa da contrappunto a quella riccamente imbandita del banchetto di don Rodrigo (cap. V): qui i commensali dovranno accontentarsi di poca polenta di grano saraceno (scuro e di scarsa qualità, ma di poco prezzo), per cui i bambini di Tonio, affamati, sanno che non riusciranno a togliersi interamente la fame. La carestia, "bandita" dal palazzo del signorotto, si fa invece sentire sulla pelle dei contadini, anche se la famiglia di Tonio non esita a invitare Renzo a unirsi a loro (i poveri sono dunque solidali tra loro nonostante la penuria, al contrario dell'egoismo e della dissolutezza dimostrata dai nobili riuniti a convito).

Renzo, parlando con Agnese, nomina Bortolo Castagneri, il cugino che vive nel Bergamasco e lo ospiterà in seguito alla sua fuga dal Milanese, dopo i fatti del giorno di San Martino (capp. XVII ss.).

TRAMA

Colloquio tra padre Cristoforo e don Rodrigo. Il frate tenta dapprima di far desistere il nobile con parole diplomatiche, ma a un'indegna proposta di quest'ultimo lo accusa con veemenza. Don Rodrigo caccia il frate dal palazzo. Prima di andarsene, Cristoforo è avvicinato da un vecchio servitore che gli dice di sapere qualcosa e promette di riferirglielo. Intanto Agnese propone ai due promessi lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa". Lucia è titubante, ma Renzo accetta e va a casa di Tonio per invitarlo all'osteria e chiedergli aiuto. Quando torna a casa, arriva padre Cristoforo.

GLOSSARIO

Allegazioni: documenti allegati

Bacchiarle: raccogliere col BACCHIO

Bacchio: bastone usato per raccogliere le noci

Comune: compaesani

Concussioni: estorsioni

Dispettoso: che mostrava rabbia

Indarno: inutilmente, invano

Inhabilità: impossibilità a pagare la pena

Materialone: sciocco, ingenuo

Matricolato: molto furbo

Non punto belle: per nulla belle

Pompa: lusso, sfarzo

Sanità: pulizia, cura della persona

Scapitare: andare in rovina

Seguano: si celebrino

Spiegò: srotolò

Staio: recipiente cilindrico per la misurazione del grano

Stia: gabbia per polli

Ville: paesi

DOMANDE SULLA COMPRENSIONE DEL CAPITOLO:

1) Con quali brevi parole padre Cristoforo incute nell’animo di don Rodrigo un «lontano e misterioso spavento»? Ti sembrano efficaci?
2) Riassumi la similitudine con cui il Manzoni descrive l’atteggiamento di padre Cristoforo che si placa di fronte alla violenza di don Rodrigo.
3) Il «vecchio servitore» di don Rodrigo dà a padre Cristoforo un «filo» che al padre pare inviato dalla Provvidenza: perchè secondo te quel vecchio servitore rischia le ire del padrone (e forse il licenziamento e la miseria) per aiutare Cristoforo?
4) Commenta brevemente la scena della polenta in casa di Tonio e ricollegala con la prima domanda del capitolo IV.
5) Ti pare giusta l’esitazione di Lucia di fronte alla proposta di Agnese? Da quali sentimenti ti sembra dettata tale esitazione?



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